venerdì 30 agosto 2013

Le mense e gli altri diritti (compreso quello di esistere!) non riconosciuti alla Gluten Sensitivity.


Oggi sono davvero arrabbiata. Sarà l’aver appena pranzato con una misera caprese e un panino senza glutine mentre i miei genitori gustavano un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico o sarà perché da giorni mi sento un po’ presa in giro.

Quando iniziai a esplorare il mondo della gluten sensitivity, rimasi piacevolmente sorpresa dal gran numero di informazioni presenti in rete. Ho pensato: “Wow! – allora non sono la sola: è un problema riconosciuto e sta iniziando ad essere studiato!”. In questi giorni, però, ho avuto necessità di approfondire alcuni aspetti e sono rimasta piuttosto delusa…

Ad Ottobre ricomincerò a frequentare l’università: studio infermieristica  e le numerose ore di lezione, con una misera pausa pranzo, e il tirocinio mi obbligano a mangiare quotidianamente alla mensa dell’ospedale. Prima delle vacanze estive, quando già accusavo i primi sintomi della gluten sensitivity, mi ritrovavo spesso a pranzare con un’insalata verde – che dopo 8 ore a scorrazzare in reparto vi assicuro che non è sufficiente! – e un po’ di prosciutto cotto, perché capitava che il menu prevedesse due primi a base di farina di frumento, secondi con sughetti addensati con farina, fritti o gratinati! Decisa a giocare in anticipo per il nuovo anno accademico, mi sono informata sull’eventuale possibilità di richiedere un menu privo di glutine, come è previsto per i celiaci. Tuttavia, prima di avanzare qualsiasi tipo di richiesta, ho voluto accertarmi sul fatto che mi aspettasse di diritto.

Ebbene, il diritto prevede con la legge del  4 luglio 2005, n. 123: “Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia”, esclusivamente l’esistenza del morbo celiaco. Qualsiasi altra condizione per cui sia necessaria l’astensione dal glutine non è contemplata. Eppure, mi sembra che il problema della gluten sensitivity superi numericamente il problema della celiachia. L’obiezione maggiore mossa contro l’erogazione di pasti ad hoc per gli intolleranti è che la gluten sensitivity è una condizione transitoria. Certo, ma nel periodo di tempo in cui il soggetto è affetto, presenta gli stessi sintomi di un celiaco! Buon per lui se con il passare del tempo questa condizione si risolverà, ma come punizione per tanta fortuna deve essere costretto a digiunare nel periodo in cui l’intolleranza transita?  Dulcis in fundo, l’astensione dal glutine è l’unica terapia per gli intolleranti, dunque per far sì che la sensibilità sia davvero transitoria, è necessario essere messi in condizione di aderire alla dieta gluten free, anche, e soprattutto, fuori casa.

Ma non è questo a preoccuparmi maggiormente. Ho intenzione di approfondire la questione, ma credo di potermi organizzare con una buona dose di tupperware e di pazienza! Ma ho letto alcune opinioni che non mi hanno fatto per nulla piacere. Secondo una parte più o meno significativa del mondo della medicina, la gluten sensitivity è la moda del momento. Vengono guardati con disprezzo tutti coloro che corrono ad “alleggerirsi il portafoglio” (laRepubblica.it) per comprare prodotti senza glutine, guidati da un’auto-diagnosi , allo scopo di imitare personaggi come Oprah Winfrey Gwineth Paltrow, che pare abbiano dichiarato a qualche giornale di sentirsi meglio dopo una dieta senza glutine. Principale sostenitore di questa tesi è il dottor Gino Roberto Corazza, che ritiene che siamo vittime di “un’isteria di massa” e che la gluten sensitivity non è comunque scientificamente provata da un test diagnostico specifico. 

Mi piacerebbe molto far sapere al dottor Corazza che prima di iniziare a sentirmi sempre gonfia, stanca e triste, prima di correre in bagno in preda alla nausea dopo i pasti, o di sdraiarmi con la bull dell’acqua calda sulla pancia, prima di sentirmi perennemente a disagio in mezzo agli altri, non sapevo nemmeno dell’esistenza della gluten sensitivity: le ho pensate (e provate!)  tutte prima di togliere il pane e la pasta dalla mia alimentazione, e non senza molti dubbi!   

Sembra che rispetto ai celiaci, gli intolleranti siano una sorta di pazienti di serie B, un po’ come le coppie di fatto in confronto alle coppie sposate. Senza portare al collo un proprio villo intestinale danneggiato in formalina, prova inconfutabile che il glutine è dannoso per l’organismo di alcuni individui, nonché gold standard per la diagnosi di celiachia, siamo solo un ammasso di capricciosi fan di Oprah, che amano mangiare filetto di spada scondito mentre i nostri amici si strafogano beati di spaghetti allo scoglio, che gioiscono nello spendere 10 euro per una pizza margherita e si divertono a stressare i camerieri al ristorante chiedendo precisamente tutti gli ingredienti di ogni singolo piatto!

Il fatto che non ci sia un test diagnostico che non lasci adito a interpretazioni, che non vi sia una normativa a tutela degli intolleranti e che non vi sia la benché minima informazione su come uscirne o su come fare prevenzione, è frutto di un mancato riconoscimento di questo problema e nel confonderlo con una dieta alla moda.

Senza avere una laurea, io so che esiste questo problema, so che può rendere difficile la vita quotidiana, so che ci vuole pazienza e che la comprensione e il riconoscimento, da parte innanzitutto del proprio medico e poi dei familiari, degli amici e dei compagni, sono fondamentali per affrontarlo! Ecco perché scrivo e continuerò a farlo, come prova vivente e virtuale che la gluten sensitivity esiste e più che una moda è un fenomeno sanitario in aumento e da non sottovalutare.

Dunque, a prestissimo!

(foto: www.oprah.com - e da dove se no?)

sabato 24 agosto 2013

I lieviti: questi (s)conosciuti!


Quando ho deciso di scrivere questo blog mi trovavo al supermercato. O meglio, mi trovavo nel pieno di una crisi da supermercato. Era un pomeriggio di inizio Agosto e il tempo non prometteva niente di buono. Quale migliore occasione per provare a fare il pane fatto in casa, ovviamente senza glutine? Pronta e carica sono partita alla volta del supermercato, reparto farine, e ho afferrato la farina senza glutine più convincente! Sulla confezione era riportata persino la ricetta: ottimo! Peccato che servisse il lievito e nella mia mente è balenata una gigantografia dei miei esami del sangue, che dichiaravano il lievito decisamente proibito. Confusa e alquanto perplessa, dopo aver dato un’occhiata alla corsia dei preparati per dolci ho chiesto ad una commessa: “Scusi, avete del…ehm…lievito senza glutine?”. Più confusa di me, mi ha spedita al negozio biologico accanto al supermercato, dove ho ripetuto la stessa domanda ad altre due commesse. Dopo un’infinita serie di consulti, dubbi e perplessità mi è stata ficcata in mano una bustina di lievito di kamut. Stanca ed esasperata ho pensato: “Ma il kamut non è un tipo di grano?”. Mettendo a dura prova il mio savoir faire, ho ringraziato e salutato, lasciando al suo posto il lievito di kamut e ripromettendomi di non farmi trovare mai più impreparata. Così ho iniziato a studiare…

I lieviti sono un gruppo di microrganismi, di funghi per la precisione. Alcuni di essi vengono definiti anaerobi, cioè vivono in condizioni di assenza di ossigeno. Così, per svolgere le proprie funzioni cellulari utilizzano il glucosio (zucchero) e attraverso un processo chimico definito fermentazione, producono a partire da esso anidride carbonica ed etanolo. L’anidride carbonica riempie tutte le micro bolle di aria che si formano durante il processo dell’impasto. Così la pasta si gonfia (proprio come fa la nostra pancia quando beviamo la coca cola!), mentre l’etanolo si volatilizza durante la cottura. Nell’ambito della panificazione, si raggruppano sotto il nome di lieviti tutte le sostanze che svolgono esattamente questa funzione, che siano organiche o non.  
Perciò, i lieviti possono essere divisi in quattro gruppi principali:
1) Lievito Fresco
2) Lievito Secco
3) Lievito Chimico
4)Lievito Naturale

Il lievito fresco è il comune e conosciutissimo Lievito di Birra, costituito da microrganismo chiamati Saccaromyces Cerevisiae Il nome deriva dal fatto che in passato veniva utilizzato il malto d’orzo come substrato colturale, ossia come nutrimento e terreno di moltiplicazione per i microrganismi di Saccaromyces Cerevisiae. Ad oggi, vengono utilizzati brodi di coltura differenti e i microrganismi stessi vengono separati e lavati dal loro substrato, perciò, come spiega bene una nota dell’AIC (http://www.celiachia.it/menu/faq.aspx?idcat=2&idfaq=70 ), per quanto il nome sia leggermente deviante, il lievito di birra puo’ essere assunto tranquillamente sia dagli intolleranti al glutine, sia ai celiaci. Questo tipo di lievito è largamente usato dai fornai, e si trova sotto forma di cubetti o panetti.

Una variante al lievito fresco è il lievito secco, che altro non è se non la forma disidratata e liofilizzata del lievito di birra, con il vantaggio di avere un maggior tempo di conservazione.

Il lievito chimico, viene utilizzato principalmente in pasticceria, ed è costituito da sostanze chimiche, che per la maggior parte dei casi producono anch’esse anidride carbonica. Un esempio, è il bicarbonato di sodio. Fanno parte di questa categoria i comuni lieviti in bustina che si trovano nei reparti di preparati per dolci dei supermercati. Questi prodotti vengono tuttavia definiti “a rischio”, percui prima di utilizzarli è opportuno verificare che non contengano glutine. Le marche piè diffuse sono la Paneangeli e la Bertolini. Paneangeli dedicano una pagina del suo sito internet ufficiale all’elenco dei prodotti senza glutine: http://www.paneangeli.it/senza-glutine

Infine, vi è il lievito naturale, conosciuto anche come lievito madre o lievito acido, o, ancora, pasta madre o pasta acida. Il composto di base per la produzione di questo lievito è un semplice impasto di acqua e farina, che viene lasciato lievitare naturalmente per opera dei microrganismi che sono naturalmente presenti nella farina, nell’acqua e nell’ambiente circostante. Tali microrganismi avviano il processo di fermentazione, che viene potenziato con l’aggiunta di altri lieviti, come gli ormai noti Saccaromyces Cerevisiae e batteri come i lactobacilli. Il composto base viene più volte reimpastato, fino ad ottenere la pasta madre. Proprio perché questo lievito è a base di farina, non può essere assunto né dai celiaci, né dagli intolleranti al glutine.

Riassumendo, sì al lievito di birra e al lievito chimico, a patto che sia sicuro! No al lievito madre e a tutti i prodotti sui quali non siamo certi! E il lievito di kamut? Beh, ho fatto bene a seguire il mio istinto: il lievito di kamut deriva dalla pasta madre, fatta con farina di kamut, ed essiccata. Perciò deriva sì dal grano, e deve essere assolutamente evitato da intolleranti e celiaci.


Come si dice, quando si parla di glutine e dintorni - ma non solo! - : fidarsi è bene, non fidarsi è meglio!

A presto!

(foto: www.benessere.letteradonna.it)

martedì 20 agosto 2013

Basta un poco di zucchero e la pillola...va giù!


Per ieri sera avevo organizzato con gli amici una partita a Monopoli – un po’ vintage, ma sempre piacevole! – condita con stuzzichini e piatti semplici da gustare per tutto il corso della serata. In questo magnifico quadretto, farmi venire un’idea per preparare un dolce senza glutine semplice, veloce e ovviamente buono sembrava un’impresa titanica! Per fortuna, scovati nella dispensa dei frollini senza glutine, mi hanno dato l’idea di preparare un bel salame al cioccolato! Nessun biscotto al mondo, per quanto secco e stopposo, può non diventare irresistibile se impastato con una quantità immensa di burro, uova e tanto, tanto cioccolato!

Lungi da me far diventare questo blog la brutta copia del ricettario di suor Germana, ma visto che questo dolce mi ha resa tanto felice, voglio condividere la ricetta, che è una versione modificata dell’originale ricetta del salame di cioccolato, che si trova anche su GialloZafferano!

Ingredienti:

300 g di frollini al cocco senza glutine (marchio Coop), meno uno, che ho assaggiato J
200 g di cioccolato fondente (Io ho usato una tavoletta Lindt e una Novi, che si trovano sul prontuario AIC)
150 g di burro
100 g di zucchero
2 uova  
2 cucchiai di rum.

Preparazione:

Togliete il burro dal frigo per farlo ammorbidire un’oretta prima. E ve lo dico subito perché io me ne dimentico sempre e mi ritrovo a metà ricetta, alla fatidica frase “unite il burro che avete precedentemente lasciato ammorbidire” ad utilizzare una serie di metodi poco ortodossi per far sciogliere in fretta e furia il povero burro.

Frantumate i frollini cullandovi nel pensiero che sotto le vostre mani vi sia la persona più odiosa che riusciate a immaginare. Nel mentre, mettete il vostro fidanzato – ma vanno bene anche un’amica, il vicino di casa, la mamma o il cugino di terzo grado – a sciogliere il cioccolato a bagnomaria. Dopodiché con un cucchiaio di legno e tanto olio di gomito mescolate il burro e rendetelo morbido come una crema. Aggiungete lo zucchero – e altro olio di gomito – e, a seguire, le uova e il cioccolato fuso. Mescolate bene e, per accertarvi della buona riuscita del composto, intingete frequentemente un dito nella ciotola per assaggiare! Infine, fate aggiungere al fidanzato – ma vanno bene anche un’amica, il vicino di casa, la mamma o il cugino di terzo grado – due cucchiaini di rum ma, attenzione: se non amate particolarmente il sapore degli alcolici fatelo da voi!

Togliete tutti gli anelli, i braccialetti e gli orologi e tirate su le maniche. Aggiungete i biscotti frantumati nella crema al cioccolato e impastate con il cucchiaio e con le mani finché il tutto non si sarà mescolato per bene.
Prendete un bel vassoio e ricopritelo di carta stagnola e adagiate al centro l’impasto tentando di dargli una forma cilindrica. In questa fase sono ammesse molte parolacce. E per finire infilate il tutto in frigo per qualche ora, o in freezer se, come me, avete meno tempo!

Prima di servire, frullate un po’ di zucchero bianco per ottenere dello zucchero a velo: facendolo in casa vi è l’assoluta ricetta che non vi sia dentro alcuna traccia dell’odiato glutine. Cospargete di zucchero il salame di cioccolato e tagliatelo a fettine... et voilà! Anche un completo massacro a Monopoli diventa un momento molto dolce… 

E, fidatevi di me, per quanto il mio fidanzato fosse inizialmente contrariato, il cocco dei biscoti ha dato un tocco in più a questo già meraviglioso dolce tradizionale, rendendolo più fresco e gustoso. Così, ho potuto anche dire: te l'avevo detto JJ

A presto!


(foto: www.pensorosa.it)

lunedì 19 agosto 2013

Cos'è il glutine?


Sorseggiando una tazza di thè, accompagnata da una meravigliosa fetta di pane senza glutine cosparsa di nutella, mi sono chiesta qual è stata la prima domanda che mi sono posta quando la mia dottoressa ha iniziato a parlarmi di glutine, intolleranze e celiachia. Ebbene sì, mi sono chiesta: “Ma che cos’è il glutine?”

Chiaro, ne avevo già sentito parlare, sapevo che aveva a che fare con il pane e la pasta, ma non avevo idea di quale fosse la sua precisa definizione. Così, mi sono fiondata su google e ho cercato di imparare qualcosa.
Non lo avrei mai immaginato, ma il glutine è un complesso lipoproteico, formato cioè essenzialmente da proteine. Venne scoperto nel 7˚ secolo dopo Cristo, da alcuni affamati monaci Buddhisti, vegetariani per definizione, che cercavano un surrogato della carne. Il termine glutine, tuttavia, deriva dal latino gluten, che significa colla. Quella di “incollare”, infatti, è la proprietà principale di questo complesso.

Per chi fosse un po’ indietro in chimica organica, le proteine sono grosse molecole costituite da catene di amminoacidi, uniti tra loro da speciali legami detti peptidici, e sono una componente fondamentale delle cellule animali e vegetali. Nell’alimentazione umana sono di estrema importanza, non solo perché costituiscono una riserva di energia, ma anche perché innumerevoli strutture del nostro organismo sono costituite proprio da proteine, che vanno incontro ad un continuo ricambio, chiamato turnover, per cui devono essere regolarmente reintegrate.

Le due classi di proteine insolubili che compongono il glutine si trovano nell’endosperma delle cariossidi, ovvero dei chicchi, di alcuni cereali (i ben noti frumento, orzo, farro, segale ecc…) e vengono chiamate gliadina e la glutenina. A seguito del processo di macinazione dei suddetti cereali, si produce la farina, nella quale si ritrovano entrambe gliadina e glutenina. Aggiungendo acqua alla farina, ed esercitando l’azione meccanica dell’impasto, le due proteine si assemblano tra loro, grazie alla formazione di legami chimici, e creano delle salde strutture proteiche, che sono al contempo distensibili, permettendo così la creazione di un impasto denso e colloso. Grazie a questa proprietà non solo più una farina è ricca di glutine e più è pregiata (la classica farina di grano tenero tipo 00, per esempio, contiene, per legge, un minimo del 7% di glutine secco), ma spesso il glutine viene estratto dalla farine e aggiunto ad altre farine o alimenti, come addensante.
Come per molte altre proteine, il processo di digestione del glutine avviene nell’intestino, grazie alla scomposizione delle proteine nei diversi amminoacidi che le costituiscono e nel riassorbimento ed utilizzo di questi ultimi da parte dell’organismo. Se l’organismo non è in grado di scomporre le molecole del glutine in amminoacidi, Il nostro sistema immunitario può riconoscerle come corpi estranei e nocivi e attaccarle, secondo diverse modalità.

Nel caso della celiachia ciò avviene per una variazione genetica, mentre nel caso della gluten sensitivity la causa è un eccessivo apporto alimentare di glutine, da cui l’organismo viene in un certo senso intossicato. Alla luce di queste differenze, si attivano due diverse reazioni immunitarie. Nel caso della celiachia entra in gioco l’immunità specifica – che è anche alla base dei vaccini. In breve, il nostro organismo viene a contatto con una sostanza riconosciuta come dannosa, delle cellule specifiche memorizzano l’agente tossico – un virus, un battere, o in questo caso, le molecole del glutine – e si formano anticorpi specifici contro quella determinata sostanza. Questi, ad ogni nuovo contatto con l’agente tossico scatenano una violenta reazione immunitaria, che provoca la distruzione dei villi intestinali – delle estroflessioni dell’intestino tenue deputate alla digestione – . Da ciò consegue anche il carattere permanente della malattia: a causa della distruzione dei villi l’intestino non sarà più in grado di digerire il glutine. Nel caso, invece, della gluten sensitivity, vi è un’inibizione dell’enzima deputato alla demolizione del glutine ed entra in gioco l’immunità naturale: una reazione aspecifica contro qualsiasi agente che il nostro corpo riconosce come estraneo e, dunque, potenzialmente pericoloso. Così, non avviene la distruzione dei villi intestinali, ma si innesca un processo infiammatorio che può portare a ispessimento delle pareti dell’intestino, oltre che alla comparsa dei segni e sintomi tipici della celiachia. Lo stato infiammatorio si risolve con l’astensione dal glutine per un certo lasso di tempo, al termine del quale l’intestino dovrebbe essere nuovamente in grado di digerire correttamente il glutine…o almeno spero!!

Ora che ci penso, non ho ancora letto di qualcuno che ha superato il periodo di astensione e reintrodotte gli amatissimi pane e pasta nella propria dieta, con successo. Ecco perché questo sarà oggetto della mia prossima ricerca ;-)


A presto!

(foto: www.mypersonaltrainer.it)

mercoledì 14 agosto 2013

L'inizio è Sempre la Parte più Difficile

L’inizio di questa storia lo conoscete tutti. O, meglio, tutti voi che ci siete passati.

Infatti, prima di ritrovarmi in questo pasticcio non avevo la più pallida idea dell’esistenza di un’intolleranza alimentare chiamata Gluten Sensitivity, ovvero:  una condizione per cui a seguito dell’ingestioni di cibi contenenti glutine si manifestano gli stessi sintomi della celiachia. Tuttavia, a differenza della celiachia propriamente detta, è una situazione transitoria, poiché non avvengono le modificazioni permanenti a livello dell’intestino e le reazioni immunitarie proprie della celiachia.

La mia disavventura è iniziata circa 6 mesi fa e dopo un iter diagnostico-terapeutico basato sul metodo “tentativi ed errori”, un esame del sangue (quello giusto, finalmente!)  ha confermato che il mio splendido organismo percepisce il glutine (e il grano, il grano saraceno, il malto d’orzo e il lievito!) come qualcosa di tossico, quasi un veleno!

Nella totale confusione alimentare, destabilizzata dalle privazioni e sommersa da informazioni contradditorie, svariati consigli dai più e i meno esperti e da una smisurata apprensione da parte dei miei cari, ho deciso di fare chiarezza scrivendoci sopra. Così , avrò l’occasione di informarmi, di tenere un diario di bordo sul mio nuovo, obbligato stile alimentare, e, chissà, magari di essere utile a qualcun altro!


Stay tuned! ;-)