domenica 29 settembre 2013

Testato (per voi) il McPanino senza glutine!


Ebbene, sì: l’ho provato! 

Premetto di essere perfettamente consapevole di tutto ciò che si può imputare al colosso Mc Donald’ s, delle omelie salutistiche e sindacali, di quanto sia dannoso il cibo spazzatura e di quanto sia ingiusto sfruttare i giovani dipendenti. Eppure, da mesi spesso mi capita di non desiderare altro che un proibitissimo, ipercalorico, artificialissimo hamburger di Mc Donald’ s! Comprenderete così che, non appena ho appreso la notizia che tra Luglio e Settembre sarebbe diventato disponibile un nuovo panino senza glutine, firmato dal più famoso fast food del mondo, mi è venuta una gran voglia di assaggiarlo!!

Ma facciamo un passo indietro. La McMultinazionale ha sperimentato il primo panino senza glutine in Spagna, nel 2012, in occasione della settimana del celiaco. L’esperimento sembra aver funzionato e si è esteso in Svezia e, dall’estate 2013, anche in Italia, grazie all’impegno dell’AIC.  Fanno eccezioni le regioni Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Toscana e Umbria, poiché hanno normative regionali differenti.
La scoperta dell’esistenza di un hamburger senza glutine è stata per me puramente casuale. Infatti, in rete, non si trova alcuna dichiarazione ufficiale fatta da McDonald’s, né vi sono notizie relative all’argomento. Insomma, sembra essere un segreto per pochi, forse perché, essendo ancora una sperimentazione, i signori McDonald’s ci vanno con i piedi di piombo!

Comunque, che sia ufficioso o ufficiale, il McPanino Gluten Free è arrivato! Si tratta di un semplice hamburger: pane, carne di manzo, e senape e ketchup a scelta. Sarà che lo sognavo da tempo, ma a me è piaciuto molto! Non sono una fan dell’omologazione, ma fa sentire in un certo senso normali poter entrare tranquillamente in un McDonald’s e ordinare tranquillamente un panino, come tutti i comuni mortali d’Occidente! Inoltre, dato che i fast food sono molto diffusi, rappresentano un’ancora di salvezza nel momento in cui un intollerante si trovi lontano da casa e affamato! Ah, dimenticavo: il prezzo è quello di un semplice hamburger, cioè € 0,90, che è un prezzo decisamente politically correct!

Rimane, infine, controversa la questione patatine fritte. Sul sito ufficiale di McDonald’s, nel quale sono scrupolosamente indicati tutti gli allergeni, le patatine fritte risultano essere senza glutine.



Tuttavia, sembra che spesso vi siano problemi di contaminazione, dunque l’unica soluzione per essere sicuri di mangiare gluten free è chiedere al responsabile del fast food se l’olio in cui vengono fritte le patatine viene usato per friggere altri alimenti!

Per quanto riguarda, invece, la lista completa degli alimenti gluten free disponibili da McDonald’s, ecco la lista completa, che ho trovato solo in lingua inglese:

Beverages:
Coffee
Soft Drinks
Orange Juice
Apple Juice
Strawberry Triple Thick Shake
Vanilla Triple Thick Shake
Chocolate Triple Thick Shake
White or Chocolate Milk
Hot Chocolate

Condiments:
All sandwich veggies - lettuce and tomato, pickles and onion
Mustard, Honey Mustard, Mayonnaise, Ketchup
Tartar Sauce
Margarine
Butter
Honey, Jam, and Hotcake Syrup

Fried Foods:
Fries

 
Meats:
Breakfast Beef Steak
Canadian Bacon
Beef Patty
Sausage
Scrambled Eggs
American Cheese

Desserts:
Apple Dippers and low fat caramel dip
McFlurry with M&Ms (attenzione: NO a quello con gli Smarties!!)
Ice Cream Sunday
Fruit and Yogurt Parfait (no granola)

Salads:
Side Salad
Caesar Salad (without chicken)
Newman’s Own® Salsa
Newman’s Own® Ranch Dressing
Newman’s Own® Cobb Dressing
Newman’s Own® Low Fat Balsamic Vinaigrette
Newman’s Own® Creamy Caesar Dressing


(fonte: http://www.mcdonaldsglutenfree.com/)


E così, ogni tanto, tutti possono concedersi un McPeccato mangereccio! 

domenica 15 settembre 2013

Test sulle Intolleranze Alimentari: Se li conosci li eviti! (1)


Come mi ero ripromessa, oggi voglio parlare dei metodi di diagnosi di intolleranza al glutine.

Innanzitutto, voglio precisare che non esiste un test diagnostico in grado di dimostrare la gluten sensitivity.

La “diagnosi” di questa intolleranza si basa su un percorso diagnostico ad esclusione, basato innanzitutto sui segni e sintomi, e che pone l’accento sull’escludere la celiachia, che è l’aspetto più importante, quando iniziano ad insorgere i segni e i sintomi di un’intolleranza alimentare. Se non diagnostica tempestivamente, infatti, la celiachia, sul lungo periodo, può causare gravi danni alla salute.

Tuttavia, da quando le intolleranze alimentari sono diventate così diffuse, le case farmaceutiche e produttrici di apparecchi elettromedicali hanno fiutato il business e ci hanno messo sopra gli artigli. Così sono comparsi innumerevoli cartelloni pubblicitari nelle farmacie e altrettanti annunci su internet, che propongono test diagnostici semplici, veloci, ma… Totalmente inaffidabili!

Ed è proprio questo l’argomento di oggi: cosa NON fare per diagnosticare un’intolleranza alimentare!
Di seguito elencherò e descriverò i test attualmente più in voga, che hanno però basi scientifiche discutibili e non sono riconosciuti né dall’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, che li ha dichiarati inefficaci, nè dall' Istituto Superiore di Sanità. Dunque, leggete e… Diffidate!

DRIA® Test - Il Dria è un test costruito sulle basi della Kinesiologia pratica: una medicina alternativa fondata sulla correlazione tra alcuni stimoli specifici che il nostro organismo riceve e la risposta che il Sistema Nervoso Centrale elabora in loro risposta. Nel caso delle intolleranze alimentari, lo stimolo è l’alimento incriminato e la (presunta) risposta è la diminuzione della forza muscolare in caso di positività per una certa intolleranza. Così, il test consiste nell’appollaiarsi su un apposito sedile dinamometrico (chiamato, appunto, Driaton), e nel fissare ad una caviglia una cinghia, collegata ad una cella di carico, che il “testato” dovrà sollevare con una forza pari al 50% delle sue possibilità. Nel mentre, un computer rileva le variazioni di forza e le riproduce con delle curve. Il medico, o l’esperto preposto, somministra al paziente dosi prestabilite dell’alimento da testare per via sublinguale. Il pavimento sublinguale, infatti, è ricco di vasi che consentono il passaggio dell’alimento direttamente nel circolo sanguigno, senza dover attendere i tempi tecnici della digestione. Nel momento in cui viene somministrata al soggetto una sostanza a cui è intollerante, la forza con cui egli solleva il peso dovrebbe subire una diminuzione di circa il 10%. Gli alimenti che vengono testati si aggirano solitamente tra i 30 e i 40, per una durata complessiva del test di circa 60-90 minuti (considerando anche i convenevoli). Il prezzo si aggira tra i 200 e i 350 euro (che diventano 90, grazie ad alcune offerte di Groupon) e il test va eseguito solo in centri specializzati, che sono circa una dozzina in tutta Italia, per lo più nelle grandi città.

 L’affidabilità di questo test è pressoché nulla. Innanzitutto, io non avrei idea di come stabilire il 50% della mia forza muscolare, inoltre essa potrebbe diminuire o aumentare in qualsiasi momento perché ci si stanca, ci si annoia, ci si distrae, ci si prude il naso… L’interpretazione delle curve potrebbe risultare soggettiva, ma è soprattutto il postulato di base a non convincermi: non trovo le basi scientifiche per cui un alimento a cui si è intolleranti dovrebbe far diminuire la forza muscolare. Inoltre, le reazioni scatenate dalle intolleranze spesso si sviluppano lentamente, anche a diverse ore di distanza: non è come premere un bottone! C’è infine la psicologia da chiamare in causa, poiché si presuppone che chi si sottopone a un test per le intolleranze, ha qualche sospetto di averne una, dunque, a meno che il test non sia eseguito a singolo o doppio cieco, il soggetto potrebbe inconsciamente diminuire la forza, in relazione all’alimento che sospetta essere la fonte dei suoi problemi.

Test di Citotossicità – chiamato anche Cytotoxic, è un test che consiste in un semplice prelievo di sangue, da eseguire a digiuno e a seguito della sospensione di farmaci cortisonici o antistaminici nei 7 giorni antecedenti il test. Il sangue prelevato viene messo in una centrifuga, che permette di isolare nella provetta un sottile anello composto per lo più da globuli bianchi (il cosiddetto buffy coat). Questo viene prelevato e messo a contatto con le sostanze da testare e dopo un certo lasso di tempo si osservano le reazioni avvenute a carico ei globuli bianchi. Infatti, se il paziente non ha nessun tipo di intolleranza le dimensioni delle cellule rimangono invariate, altrimenti vanno incontro ad un rigonfiamento, misurabile su 4 livelli, fino alla rottura della cellula stessa.

Una variante di questo test è il test ALCAT®, che si basa sullo stesso principio, ma in esso si osservano modificazioni del colore dei globuli bianchi.

Il costo di entrambe le varianti si aggira tra i 200 e i 350 euro, le sedi specializzate sono per lo più nell’hinterland milanese. Le obiezioni mosse contro questo tipo di test è che i risultati possono essere interpretati diversamente a seconda dell’osservatore, e che spesso i globuli bianchi subiscono un rigonfiamento indipendente dalle sostanze con cui vengono messi a contatto. Complessivamente, sembra che l’80%di chi esegue questo test risulti positivo, senza avere però alcuna intolleranza.
Infine, è opportuno ricordare che farmaci come cortisonici o antistaminici, non possono essere sospesi come se fossero caramelle alla mente: chi li assume e muore dalla voglia di sottoporsi a questo test deve prima consultare il proprio medico!

Test E.A.V. – “Elettro Agopuntura secondo Voll” o “Organometria Funzionale”. E’ un test omeopatico, che si basa sulla rilevazione di variazioni della resistenza elettrica della pelle, in corrispondenza di alcuni punti attraversati da meridiani energetici, stabiliti dalla pratica dell’agopuntura - che corrispondono alle dita delle mani e piedi -, in relazione all’esposizione a sostanze a cui il soggetto è intollerante. Chi si sottopone al test deve impugnare un elettrodo (polo negativo) in una mano, mentre su un dito della mano libera il medico o l’omeopata premono un puntale (polo positivo). Vengono posizionate in un filtro all’interno del circuito delle fiale, contenenti gli alimenti da indagare, in diluizioni omeopatiche. Quegli alimenti che provocano variazioni elettromagnetiche della cute, sono quelli incriminati.

La variante commerciale più conosciuta di questo test è il VEGA® Test, ma vi sono anche Sarm test, Biostrength test, Mora e Bioscreening.

Cosa non convince di questo test? Beh, il postulato iniziale! L’esistenza dei cosiddetti meridiani non è stata scientificamente provata, né tantomeno è stato provato che il semplice contatto con un alimento a cui si è intolleranti, provochi un’alterazione delle resistenze elettromagnetiche cutanee. Inoltre, sembra che il test vari molto a seconda di chi lo esegue e che sia influenzabile dallo stato di idratazione della cute e perfino dal recente utilizzo di detergenti o creme! Essendo stato sviluppato verso la fine degli anni ’50 è più diffuso rispetto ad altri test: viene eseguito in molte erboristerie e il prezzo va dai 50 ai 100 euro, più il costo della piantagione di erbe che sarete indotti a comprare per curare i vostri presunti malanni. Questo test, infatti, pretende anche di valutare la funzionalità dei nostri organi interni, cambiando i punti di rilevazione… E noi che ancora perdiamo tempo con le ecografie!!

Attenzione: il Vega test e tutti i suoi affini NON devono essere eseguiti da portatori di pace-maker e donne in gravidanza.

Test di Provocazione/Neutralizzazione – Questo test è uno dei peggiori, soprattutto perché può essere molto pericoloso! Si basa sulla somministrazione al paziente di una serie di alimenti e sulla successiva osservazione per 10 minuti. La somministrazione può avvenire attraverso due modalità: intradermica o sublinguale. Qualsiasi sintomo riferito dal soggetto nell’arco dei dieci minuti di osservazione decreta la positività del test.  

La pericolosità deriva dal fatto che se una persona decide di sottoporsi al test ed ha un’allergia importante ad un alimento, può andare incontro a forti reazioni allergiche, fino ad arrivare allo shock anafilattico! Dunque, è assolutamente da EVITARE. Il tempo di 10 minuti è totalmente arbitrario (perché non 15 o 20?) e l’aspecificità dell’interpretazione è disarmante: parliamo, infatti, di una positività di fronte a QUALSIASI sintomo. Scomodando nuovamente la psicologica, se si somministra a qualcuno una sostanza a cui sospetta di essere allergico e lo si osserva per 10 minuti in attesa che succeda qualcosa, qualsiasi cosa, è quasi inevitabile che ad esso sembri di sentire almeno un piccolo fastidio, un dolore, forse un po’ di nausea… Infine, è importante non confondere questo test con i test intradermici che vengono svolti negli ambulatori di allergologia, e che hanno criteri valutativi scientifici ben definiti e sono del tutto affidabili!

Continua 

(foto: www.groupalia.com




venerdì 13 settembre 2013

Gluten Sensitivity: Malattia o Sintomo?


Da qualche giorno mi sto documentato sul confuso, ingarbugliato e inaffidabile mondo dei test per le intolleranze alimentari, per scrivere un nuovo articolo. Non avete idea di quanto sia complicato tentare di stilare una lista almeno vagamente completa dei centinaia di metodi messi a punto negli ultimi anni e stabilirne l’affidabilità! Appena mi sembrava di aver capito qualcosa e tentavo scrivere qualche riga, mi sorgevano nuovi dubbi e mi toccava ricominciare tutto da capo!!

 Così, nel corso dell’ennesima ricerca, mi sono imbattuta nel sito Albanesi.it, e, in particolare, in un articolo che mi ha lasciato piuttosto perplessa. L’articolo trattava le intolleranze alimentari o, meglio, l’inesistenza delle intolleranze alimentari. In un momento storico in cui sembra che chiunque conosca almeno una persona – dalla vicina di casa, al parente alla lontana – intollerante ad almeno un alimento – dal glutine ai pesci tropicali – , questa risulta essere una vera e propria voce controcorrente!

In breve, ecco la tesi proposta: le uniche intolleranze attualmente riconosciute scientificamente e validate da esami diagnostici specifici e totalmente affidabili, sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia. Qualsiasi altro tipo di intolleranza sembra essere solo un sintomo, una manifestazione di una patologia o un malessere di base, che minano la cosiddetta buona qualità della vita. Ho letto molto spesso, con mia profonda sorpresa, che alcune malattie psichiatriche, come l’autismo, miglioravano sensibilmente togliendo il glutine dalla dieta del paziente. La teoria che propone l’articolo è opposta: è la patologia psichiatrica a causare l’intolleranza, non viceversa!

Senza arrivare a casi patologici davvero gravi, vi sono condizioni psicologiche più blande, come ansia, stress, lieve depressione che, senza richiedere necessariamente una terapia psichiatrica, possono innescare comunque una situazione di intolleranza, perché provocano un abbassamento delle difese immunitarie. Lo stesso meccanismo interessa stili di vita scorretti, come il sovrappeso o il sottopeso, la sedentarietà, il fumo…

Insomma, non abbiamo smesso di digerire il glutine perché siamo diventati intolleranti, ma perché siamo stressati, tristi, mangiamo male e raggiungiamo il nostro picco massimo di attività fisica saltando sul divano
Inevitabile, a questo punto, farsi un esame di coscienza… Sì, lo ammetto. Sono sempre arrabbiata, sono pigra e mangio…beh mangio! Dolci per lo più… Insomma, mi dichiaro colpevole. Ma qual è la conclusione? Diventando l’anello mancante tra un culturista e un maestro zen sarò in grado di mandare giù una teglia di lasagne intera come se fosse un bicchiere di acqua fresca?

 Ho deciso di chiederlo direttamente all’autore dell’articolo, mandando una mail per chiedere chiarimenti. In seguito, allego il testo e, ovviamente, vi aggiornerò sulla risposta, sperando che arrivi presto!


Bye-bye. Una golosa sedentaria pentita.


"Buon giorno,

sono un’aspirante infermiera di 21 anni a cui è stata diagnosticata la gluten sensitivity, ovvero un’intolleranza al glutine, sulla quale sto conducendo diverse ricerche e scrivendo un blog personale. Proprio nel corso di una delle mie ricerche, mi sono imbattuta nel vostro articolo in merito alle intolleranze alimentari (http://www.albanesi.it/Salute/intolleranze.htm). Ho trovato l’articolo molto interessante e Vi sarei grata se poteste darmi qualche informazione aggiuntiva.

Innanzitutto, mi trovate completamente d’accordo sulla scarsa (per non dire nulla) affidabilità dei test diagnostici più in voga al momento. Quando, circa 6 mesi fa, ho iniziato a presentare sintomi come forti dolori addominali, alterazione dell’alvo, nausea e vomito, ho seguito un percorso diagnostico classico: un pacchetto standard di esami del sangue con particolare attenzione alla funzionalità epatica, la ricerca degli anticorpi antigliadina  (quando era chiaro che il mio problema fosse legato a qualche fattore alimentare), che è risultata negativa, e, infine, il dosaggio delle IgG sieriche, specifiche per il glutine, che sono risultate essere positive e perfino a livelli piuttosto alti. Così, mi sono ritrovata ad escludere il glutine dalla mia alimentazione, non senza qualche errore dalle spiacevoli conseguenze. Ho condotto qualche ricerca sulle cause che portano a sviluppare l’intolleranza al glutine, che viene attribuita per lo più all’alto tasso di OGM e all’onnipresenza di glutine nella nostra alimentazione. Ammetto che questa tesi mi è sembrata piuttosto convincente. D’altronde, incolpare il sistema è decisamente più semplice che cercare in se stessi le responsabilità della propria salute.

Tuttavia, leggendo il Vostro articolo mi sono fatta un vero e proprio esame di coscienza. In effetti penso di potermi definire un po’ ansiosa e stressata (ma nella misura in cui lo sono tutti di questi tempi) non pratico sport e la mia alimentazione è quella di una studentessa ventenne: piuttosto sregolata!

Dunque, ciò che mi interessa sapere è se ritenete che un soggetto con un’intolleranza secondaria può “guarire” attenendosi ad una alimentazione impeccabile, praticando attività fisica e magari con la consulenza di un bravo psicologo? Se sì, ci sono ricerche che lo dimostrano?

Inoltre, secondo Voi è possibile avere un’intolleranza primaria al glutine, senza essere affetti da celiachia, ovvero, avere la Gluten Sensitivity? Qual è la Vostra opinione riguardo a questa intolleranza, che alcuni esperti ritengono interessare il 10% della popolazione, mentre altri la definiscono una psicosi collettiva?

Vi ringrazio anticipatamente per la risposta.
Cordiali Saluti"

(foto: www.essseresani.it)