Sorseggiando una tazza di thè,
accompagnata da una meravigliosa fetta di pane senza glutine cosparsa di
nutella, mi sono chiesta qual è stata la prima domanda che mi sono posta quando
la mia dottoressa ha iniziato a parlarmi di glutine, intolleranze e celiachia.
Ebbene sì, mi sono chiesta: “Ma che cos’è il glutine?”
Chiaro, ne avevo già sentito
parlare, sapevo che aveva a che fare con il pane e la pasta, ma non avevo idea
di quale fosse la sua precisa definizione. Così, mi sono fiondata su google e ho cercato di imparare
qualcosa.
Non lo avrei mai immaginato, ma
il glutine è un complesso lipoproteico, formato cioè essenzialmente da
proteine. Venne scoperto nel 7˚ secolo dopo Cristo, da alcuni affamati monaci
Buddhisti, vegetariani per definizione, che cercavano un surrogato della carne.
Il termine glutine, tuttavia, deriva
dal latino gluten, che significa colla. Quella di “incollare”, infatti, è
la proprietà principale di questo complesso.
Per chi fosse un po’ indietro in
chimica organica, le proteine sono grosse molecole costituite da catene di
amminoacidi, uniti tra loro da speciali legami detti peptidici, e sono una
componente fondamentale delle cellule animali e vegetali. Nell’alimentazione
umana sono di estrema importanza, non solo perché costituiscono una riserva di
energia, ma anche perché innumerevoli strutture del nostro organismo sono
costituite proprio da proteine, che vanno incontro ad un continuo ricambio,
chiamato turnover, per cui devono
essere regolarmente reintegrate.
Le due classi di proteine
insolubili che compongono il glutine si trovano nell’endosperma delle
cariossidi, ovvero dei chicchi, di
alcuni cereali (i ben noti frumento, orzo, farro, segale ecc…) e vengono
chiamate gliadina e la glutenina.
A seguito del processo di macinazione dei suddetti cereali, si produce la farina, nella quale si ritrovano
entrambe gliadina e glutenina. Aggiungendo acqua alla farina, ed esercitando
l’azione meccanica dell’impasto, le due proteine si assemblano tra loro, grazie
alla formazione di legami chimici, e creano delle salde strutture proteiche, che
sono al contempo distensibili, permettendo così la creazione di un impasto
denso e colloso. Grazie a questa proprietà non solo più una farina è ricca di
glutine e più è pregiata (la classica farina di grano tenero tipo 00, per
esempio, contiene, per legge, un minimo del 7% di glutine secco), ma spesso il
glutine viene estratto dalla farine e aggiunto ad altre farine o alimenti, come
addensante.
Come per molte altre proteine, il
processo di digestione del glutine avviene nell’intestino, grazie alla
scomposizione delle proteine nei diversi amminoacidi che le costituiscono e nel
riassorbimento ed utilizzo di questi ultimi da parte dell’organismo. Se
l’organismo non è in grado di scomporre le molecole del glutine in amminoacidi,
Il nostro sistema immunitario può riconoscerle come corpi estranei e nocivi e attaccarle,
secondo diverse modalità.
Nel caso della celiachia ciò
avviene per una variazione genetica, mentre nel caso della gluten sensitivity la causa è un eccessivo apporto alimentare di
glutine, da cui l’organismo viene in un certo senso intossicato. Alla luce di
queste differenze, si attivano due diverse reazioni immunitarie. Nel caso della
celiachia entra in gioco l’immunità
specifica – che è anche alla base dei vaccini. In breve, il nostro
organismo viene a contatto con una sostanza riconosciuta come dannosa, delle
cellule specifiche memorizzano l’agente tossico – un virus, un battere, o in
questo caso, le molecole del glutine – e si formano anticorpi specifici contro
quella determinata sostanza. Questi, ad ogni nuovo contatto con l’agente
tossico scatenano una violenta reazione immunitaria, che provoca la distruzione
dei villi intestinali – delle estroflessioni dell’intestino tenue deputate alla
digestione – . Da ciò consegue anche il carattere permanente della malattia: a
causa della distruzione dei villi l’intestino non sarà più in grado di digerire
il glutine. Nel caso, invece, della gluten sensitivity, vi è un’inibizione
dell’enzima deputato alla demolizione del glutine ed entra in gioco l’immunità naturale: una reazione
aspecifica contro qualsiasi agente che il nostro corpo riconosce come estraneo
e, dunque, potenzialmente pericoloso. Così, non avviene la distruzione dei
villi intestinali, ma si innesca un processo infiammatorio che può portare a
ispessimento delle pareti dell’intestino, oltre che alla comparsa dei segni e
sintomi tipici della celiachia. Lo stato infiammatorio si risolve con
l’astensione dal glutine per un certo lasso di tempo, al termine del quale
l’intestino dovrebbe essere nuovamente in grado di digerire correttamente il
glutine…o almeno spero!!
Ora che ci penso, non ho ancora
letto di qualcuno che ha superato il periodo di astensione e reintrodotte gli
amatissimi pane e pasta nella propria dieta, con successo. Ecco perché questo
sarà oggetto della mia prossima ricerca ;-)
A presto!
(foto: www.mypersonaltrainer.it)
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